"Io non mi sono mai pentito nella mia vita d'aver fatto l'indomani quello che potevo fare oggi." (GUARESCHI)

mercoledì 22 settembre 2010

A capo

Settembre. Le mattine sono fresche e limpide, a mezzogiorno davanti alla scuola si cerca l'ombra per non sudare aspettando l'uscita dei bambini; nel pomeriggio ancora zanzare, la sera ho già i piedi gelati. Per qualche secondo al giorno alzo lo sguardo e mi godo il cielo così nitidamente dipinto di nuvole e scie di aerei.
Se piove, sembra già autunno, viene già voglia di accendere la stufa; mi sorprendevo per le piogge torrenziali, fino a quando ho scoperto che era solo la mia grondaia che scrosciava a rovesci, a causa dei nidi dei colombi che l'hanno ostruita.

Il lunedì mattina l'abbiamo passato tutto dal notaio; il giovedì Marco aveva già procurato l'attrezzatura e, dopo il lavoro, ha cominciato a tagliare la foresta di erbacce che circonda “la casetta”. Ha cominciato radendo al suolo la pianta di rose scarlatte che per tutta l'estate mi ha salutato quando passavo a guardare la casa, nutrendo il mio sogno di averla. Ci sono rimasta malissimo, ma poi era così commovente il suo impegno per cominciare, da qualche parte, a “fare” qualcosa per costruire questo nuovo progetto, che mi sono fatta passare il nervoso e sono andata a controllare che ci fossero ancora dei monconi da salvare del povero rosaio. Lo metterò a dimora per salvarlo dalla zappa e dai muratori, lo curerò e, se guarisce, gli troverò un bel posto nel nuovo giardino, quando sarà tempo di piantare le perenni.

Le erbacce erano più alte della porta. Una volta tagliato il più grosso, il giardino sembra più spazioso, anche se grande non è.
Verrà bene. Sarà più facile curarlo, se non è troppo esteso; ricaveremo comunque qualche angolino interessante dove stare a goderselo, una pergola, una poltrona dove inebriarsi con il profumo dell'uva fragola che in questi giorni stordisce.

Mi piace che sia una casa vecchia. Mi piacciono le sue pareti spesse e irregolari, non ce n'è una dritta, e sono tutte grosse, anche i divisori, perchè in realtà sono state tutte muri esterni, ai quali mano a mano venivano aggiunte nuove stanze via via che servivano. Mi vedo, come un'archeologa, rimuovere polvere e detriti via da queste pietre, ripulire, scoprire: ma l'incanto è che non emergerà il passato, bensì il futuro.

Da una finestra dello studio al primo piano si vede “la mia spiaggia”, uno slargo di campi delimitato da una collina coperta di bosco e solcato da un ruscello, un paesaggio che mi da', a vederlo, la stessa gioia che solo la vista del mare mi trasmette.
Io e le bambine lo chiamiamo “il nostro campo”, anche se non sarà mai di nostra proprietà: siamo noi che apparteniamo a lui. Conosciamo il suo aspetto e il suo odore, e come cambia di giorno in giorno attraverso le stagioni. Seguiamo le sue evoluzioni, dal solco ordinato e profondo dell'aratro fino alla testa rasata dalla mietitrebbia. Ascoltiamo i grilli, ci gustiamo i papaveri e la neve.
La casetta è proprio dall'altra parte della strada, e giusto di fronte questa primavera hanno piantato un nuovo vigneto... in mio onore?

Avrò una poltrona davanti a quella finestra. Nella mia mente ho già visto la neve cadere, di notte, sul “mio campo”.

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